Speravo di rivederti

Giusto a una manifestazione potevamo incontrarci, io e te.
Figlia di un sindacalista, alle medie ti s’inquadrava già come quella un po’ diversa, quella che aveva visto il matrimonio dei suoi genitori, quella (l’unica, allora) che non faceva religione – anche se poi la prof t’è piaciuta e sei sempre rimasta; così potevo tentare con te qualche sgangherato battibecco teologico da tredicenne.

F – Allora, cosa vuoi fare dopo, scienze politiche o giurisprudenza?
Ehm. No, aspetta, devi esserti persa qualche puntata. Ora non mi rimettere questi dubbi che c’è già abbastanza carne al fuoco. (Però mi tenta).

In quel pantano di aggressività e sentimenti andati a male che era la mia classe di allora, riuscivi a volare un poco più alto, senza inzaccherarti troppo nella melma dove si mischiavano torto e ragione, offese gratuite e ripicche violente.
Mi stavi appresso. Mi stupiva e mi disarmava che non ti lasciassi spaventare dal mio caratteraccio, e per questo un po’ mi mettevi paura. Non potevo fidarmi di te… eri l’unica dichiaratamente atea eppure sapevi tanto di pietà… perchè altrimenti non avresti avuto ragioni per cercare una rompiballe come me… no?

F – Speravo di rivederti… quando sentivo quella che abita sotto di te, mi venivi in mente… ci sentiamo eh?
Sì, ci sentiamo. Perchè sono passati quasi cinque anni, e io ho smesso da un pezzo di avere paura.

[Ah, sono andata a manifestare. Folkloristico.]