L’altra sera

stavo abbassando la tapparella, quando ho visto qualcosa là fuori – era, come dire, una notte. Allora ho spento il computer e la luce – così è rimasta solo la notte – e io sul letto a guardare i riflessi sul soffitto. Come una volta, quando restavo così ogni sera, con un po’ di musica sotto e tanti assenti con cui parlare.

Adesso gli assenti non hanno più granché da dirmi, né io a loro (forse li ho visti sorridere, in penombra). Sprofondata dal muro grigionero fin oltre la finestra le luci il fruscio basso del treno in lontananza, c’era una specie di, come dire, una vita.

Se tu – che non mi hai conosciuto ancora – fossi stato qui, te l’avrei raccontato.
Per favore – quando ci troveremo, se ci riconosceremo finalmente – ricordati che mi piace, certe sere, uscire ad affacciarmi su me stessa, e può darsi che avrò voglia di portarti là con me.

[Fase bartlebloomica, scusate.]