Pollame e poesie

Inauguriamo la nuova rubrica "Fabbrica di spilli" (la seconda parte del titolo era troppo volgare per ripeterla periodicamente, suvvia) con Umberto Saba.
 
A mia moglie
Tu sei come una giovane
una bianca pollastra.
Le si arruffano al vento
le piume, il collo china
per bere, e in terra raspa;
ma, nell’andare, ha il lento
tuo passo di regina,
ed incede sull’erba
pettoruta e superba.
È migliore del maschio.
È come sono tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio,
Così, se l’occhio, se il giudizio mio
non m’inganna, fra queste hai le tue uguali,
e in nessun’altra donna.
Quando la sera assonna
le gallinelle,
mettono voci che ricordan quelle,
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste
musica dei pollai.
[…]

(Qui trovate il testo completo)

Cioè, dà a sua moglie della gallina. E, siccome sono sicura che nessuno di voi ha cliccato su quel link, vi informo io che nelle strofe successive la paragona, nell’ordine, a una vacca, una cagna, una coniglia, una rondine, una formica e un’ape. Eh, non ci sono più le donne angelo di una volta. I capei d’oro a l’aura sparsi sono diventate piume che s’arruffano.
Al ricevere una poesia simile, qualunque banale moglie si sarebbe incazzata come una iena, suggerendo così al candido partner una similitudine animalesca più appropriata. Saba aveva appunto una moglie banale, che s’incazzò. Ma noi non siamo banali! Siamo maestri nella fabbricazione di spilli per inculare mosche: per cui sapremo trasformare questi versi da testo promettente per il seguito di Cara ti amo a vero pilastro della letteratura italiana.
Vediamo perché.

 

chiesa affollata di animali da cortile

 

Secondo il commentatore di quel pacco di fotocopie bertoniane, questa immagine fotografa perfettamente la poesia considerata: il vocabolario del cortile invade il classicistico edificio formale del testo. In altre parole, nessuno prima aveva messo i polli in endecasillabo. Insomma, la struttura è una canzone leopardiana, il verso pare libero ma nasconde endecasillabi e settenari, pullula di periodi aggrovigliati (sistemate un po’ questo puzzle di parole: e verso te gli orecchi / alti protende e fermi) e di termini aulici (ditemi chi di voi, per dire "sei scazzata" direbbe "ti quereli dei tuoi mali"); MA tutto ciò convive, appunto, con gabbie e pollastre arruffate.
Ora avrete capito perché lo sconcerto dei lettori del tempo è ben rappresentato dall’espressione della cagna in primo piano.

Eppure l’anonimo commentatore non è soddisfatto. Sostiene infatti che non sia possibile separare così nettamente forma e contenuto: và, se una gallina si ritrova in una chiesa significa che qualcuno ce l’ha portata apposta. Potrei dilungarmi sui perché e i percome, ma io voglio che arriviate alla fine di questo post, e mi rendo conto che una dissertazione del genere potrebbe dissuadérvi (o dissuàdervi? Si accettano scommesse) da tale nobile proposito. Mi limiterò quindi a lasciarvi un’immagine simbolica della fusione forma-contenuto.

 

gallina con colonne nella panza

 

E ora veniamo all’aspetto veramente sovversivo della poesia.
Dovete sapere che Saba, conoscendo le acrobazie interpretative dei sodomizzatori di mosche, pensò bene di pararsi il didietro scrivendo una bella Storia e Cronistoria del Canzoniere, in cui spiegava genesi e significato dei suoi testi. Lì parla anche di A mia moglie, definendola una poesia infantile: se un bambino potesse sposarsi e scrivere una poesia, scriverebbe questa.
Vedetevelo, Saba, che cerca di nascondersi dietro un tavolo mentre la moglie gli tira dietro i piatti, e con un sorrisino innocente da candido fanciullo dice tremando "ehi, io non pensavo che vacca significasse troia, davvero, sono come un bambino". Fossi la moglie, passerei al mattarello.
Insomma, non è credibile. Quell’infantile deve voler dire qualcos’altro.

Facciamo un passo indietro. Il buon vecchio Contini sentenziò che Saba era psicanalitico prima della psicanalisi. Qualunque cosa voglia dire, intuiamo che per capire il nostro caro nevrotico (sì, perché Saba era nevrotico e finì sotto psicanalisi lui stesso) potrebbe essere utile inserirlo nel contesto freudiano di primo novecento.
Da questo punto di vista, cosa vuol dire infanzia? Lego? Canzoni degli 883? Dinosauri di gomma? No! Andare al mare nudi? Ecco, c’entra già di più: secondo il nostro critico, infatti, infanzia significa assenza di tabù.
Gli esseri umani hanno deciso che la gallina rappresenta la stupidità, mentre la vacca, la cagna e la coniglia il sesso. Di conseguenza, paragonarli a una donna è un tabù. Eppure, nemmeno quella pettegola della gallina sa dei trascorsi libidinosi della vacca, né probabilmente la vacca vi direbbe che la gallina è stupida. E neppure un bambino. (Oddio, per me i bambini sono stronzi anche con gli animali, ma questo è un dato che farebbe crollare la nostra argomentazione e quindi lo ignorerò).
Insomma, non poter dare della gallina alla propria moglie è una convenzione; da un punto di vista infantile non ci sarebbe niente di scandaloso. Saba allora attua consapevolmente una regressione, in senso psicanalitico, al di qua del tabù convenzionale, come dire "oh, non è che io non sappia che certe cose non si dovrebbero dire; anzi, proprio perché lo so e mi sono rotto, decido di riprendermi a forza il mio stato naturale e primigenio".
Chiaro? No, ma non importa, tanto l’esame devo darlo io.
Oh,
cazzo,
l’esame.
(Tipico esempio ungarettiano di parola-verso. La struttura tipografica piramidale rappresenta la pendenza fisica dalla cui cima l’esaminanda rotolerà inesorabilmente verso il basso, cacciando l’ultima craniata sul puntino che termina il componimento.)

Oh, io volevo spiegarvi anche come Saba ha rivoltato l’Amor Cortese, sostituendolo con una teoria new-age ricca di contaminazioni cielline e vagamente misogine; ma mi dicono dalla regia che dovrei smetterla di sparare stronzate e andare a studiare.