Chiusa per sempre

Foglio appeso con scritto: la libreria è chiusa per sempre 

L’altro giorno dovevo aspettare in centro una mezz’ora, e ho pensato di passare in Sala Borsa. Magari non vado nemmeno in biblioteca, mi dicevo, dò giusto un’occhiata ai libri in vendita, impilati lì nella piazza coperta. 
Questo è quel che ho visto entrando.

 

Striscione in sala borsa: tra zero giorni saremo senza lavoro

 

E’ stata una di quelle situazioni in cui le polemiche lette di sfuggita sui giornali ti entrano nella vita, e allora ti ricordi di non abitare su una nuvoletta privata e ti senti maledettamente in colpa. Io vivo fuori dal mondo e non seguo granché certe storie, pensando che tanto, con tutti gli intrallazzi che ci stanno dietro, io, piccola e stupida cittadina, non potrò mai sapere la verità. Mi rendo conto che non è una giustificazione valida.
Ho visto un piccolo capannello di persone, raccolte attorno al cellophan che incartava quella che fu la zona libreria. Lì appeso c’era un foglio scritto dai lavoratori licenziati. Era più sentimentale che oggettivo, nominava a uno a uno i ragazzi a cui d’ora in poi i visitatori non potranno chiedere consiglio su un libro o un cd. Non mi è servito granché a capir bene la storia, così, tornata a casa, ho un po’ indagato.

E’ stato difficile orientarsi tra le notizie su internet, sempre infarcite di commenti e inesattezze. Mi sembra di aver capito – ma se sbalio mi corigerete – che: 
In principio era una biblioteca. Poi Guazza decise di aggiungerci una libreria e un bar, affidandoli a una società esterna; si fece un appalto e vinse tale Bellentani. Questi finì per non pagare l’affitto al comune, e il comune (intanto passato al Coffy) lo cacciò per insolvenza. Libreria e bar chiusero; i 44 dipendenti di Bellentani persero il lavoro e protestarono. Coffy ha riunito una commissione per riprogettare la Sala Borsa.
Naturalmente questa è la versione scremata dalle dietrologie. Divertitevi voi a ipotizzare le motivazioni occulte della manovra.

Ora, Coffy, progetta un po’ quel che ti pare. Tanto non posso nemmeno votarti pro o contro, per un pugno di chilometri. Però ecco, se dovessero tornar fuori quelle minchiate sulla mercificazione della cultura che sentii in giro ai tempi del Guazza, quando mettere una libreria (a pagamento) dentro una biblioteca (gratuita), sembrava ai sinistri una bieca operazione commerciale, fregatene.
Perché probabilmente era davvero una bieca operazione commerciale per chiedere affitti esorbitanti – che, infatti, nessuno è riuscito a pagare. Ma a me una libreria lì fuori piaceva. Non fa concorrenza alla biblioteca, sono due cose diverse, complementari. Era bello pensare che andando in Sala Borsa potevo sia mettere il naso in qualche libro lucido che odora ancora di stampa, sia infrattarmi tra gli scaffali esplorando sovraccoperte piene di ditate. Oppure darsi appuntamento con qualcuno al bar, e nell’attesa gironzolare per i libri in vendita esposti lì, fra i tavoli.

Ho letto in giro alcune critiche sulla disposizione degli spazi, sulla libreria, eccetera. Bah, può darsi, tutto si può migliorare; l’idea di fondo però mi pare valida. Pensate a qualcosa di migliore, se vi va, ma non cassate un’intera libreria solo perché un espositore in plexiglas è antiestetico. E soprattutto – ma questo non vi riuscirà – finitela di metterla sul piano ideologico o di fare osservazioni da élite con la puzza sotto al naso. Ho letto critiche quali "non mi piace entrare in Sala Borsa ed essere accolto dai libri della Fallaci e di Vespa". Senti, non è che appena entri vedi il fantasma della Fallaci che tenta di accoltellarti perché hai sembianze mediorientali. Non ti piace, bene, passi oltre, vai in biblioteca e cerchi quel che ti pare. In libreria c’è quel che si vende – compreso Terzani, che io ho comprato lì, và. Un best seller può essere un brutto libro, ma anche no.
Comunque, la eventuale presenza del ciarpame commerciale è un (triste) indice di libertà. Il giorno in cui nelle librerie si troveranno solo classici latini (mwuahahahah…) capirò che qualcosa non funziona. (Prima o poi scriverò un libro sarcastico sull’utopia negativa più improbabile: la dittatura dei professori di lettere).

Spero di poter postare presto la foto di una nuova libreria in Sala Borsa…

[Angolo "Fanculo alle Parche"
In compenso oggi, gironzolando per il paese, ho notato che una boutique di vestiti è stata spodestata da una libreria – negozio che a memoria di diciannovenne non s’è mai visto da queste parti.
Ora, per capire l’effetto destabilizzante della cosa serve una breve digressione. Per il 90% della mia limitata esistenza ho dovuto delegare ad altri gli acquisti; e avendo il terrore del giudizio altrui, non ho mai chiesto a nessuno di comprarmi un libro – avrei dovuto spiegare perché proprio quello… Quindi, semplicemente, leggevo quel che trovavo in casa.
Appena guadagnata la libera uscita, una delle mie prime rivincite fu la biblioteca, abbastanza lontana, ma raggiungibile. Librerie, comunque, non ce n’erano. Allora ho inventato il quadernetto delle citazioni, dove ricopio quel che su un libro da restituire non potrei sottolineare. Poi riuscii ad andare in Sala Borsa, e fu l’estasi. Oltre a prendere in prestito un sacco di roba, poco più di un anno fa ci comprai il primo libro acquistato da me.
Ormai il problema non si pone, ché con l’università sto tutti i giorni a Bologna, tra un Feltrinelli e un Melbook, e posso fare un po’ quel che mi pare.
Naturalmente, 
adesso mi aprono una libreria sotto casa.]