Scusate ma devo tirarmela

(poi smetto, tranquilli)

Aidan Chambers è uno scrittore inglese che pubblica, in teoria, libri per "giovani adulti" o late teenage people, come scrive lui. In pratica, due anni fa ne lessi uno, nonostante l’indicazione "a partire dai 13 anni" ferisse un po’ il mio orgoglio.
Ora, 13 anni un cazzo. A mio modesto parere, dentro quel libro (intitolato "Ora che so") c’era la più realistica descrizione della spiritualità umana che abbia finora incontrato. O forse a me sembrava realistica semplicemente perché s’incastrava bene con la mia.
"La morte non mi preoccupa. La morte in sé. E’ la sofferenza a preoccuparmi, la mia o quella di chiunque altro. Perché la sofferenza è un impedimento. Si mette in mezzo. Tutte quelle balle sul fatto che rinforza il carattere e affina la volontà, e ci insegna che siamo umani e dobbiamo riporre la nostra fede in Dio. No. La sofferenza è deleteria per noi, perché rende il dolore un sostituto del pensare. […] Non credo in un Dio della paura. E non credo che impariamo quanto siamo umani solo se siamo sottoposti alla sofferenza. Se non siamo in grado di capire da soli cosa siamo, e se non sappiamo prendere decisioni su noi stessi e su come vogliamo vivere o morire senza venire torturati per capirlo, allora non valiamo nulla."

Qualche giorno fa, in preda a una delle mie cicliche crisi mistiche, l’ho tirato fuori per rileggerne qualche pagina che avevo sottolineato. Ho piacevolmente scoperto che, a distanza di due anni, quelle frasi continuano a coinvolgermi. Il monaco che parla al giovane dubbioso dice quel che da sempre aspetto (e forse per sempre aspetterò) di sentirmi dire da un prete munito di libero pensiero.
"Ho detto a Fra’ K. che penso di essere un ateo. Lui ha detto: Almeno possiamo provare ad aiutarti ad essere un buon ateo. Ho detto: Che cos’è un buon ateo? Lui ha detto: La stessa cosa di un buon cristiano: uno che dubita."

Allora mi è venuta un’idea assurda. Ho scritto una lunga email, in inglese, su quel libro, sulla mia esperienza, sulla fede, il cattolicesimo e the Pope. Poi l’ho inviata ad Aidan Chambers.

Che in un giorno mi ha risposto con un’email quasi altrettanto lunga.

Ora, apparteilfatto che i’m very proud di aver sperimentato il mio inglese su argomenti diversi delle pens sul table, nonché del fatto che sono riuscita ad attirare l’attenzione di costui con i miei sproloqui pseudofilosofici, la risposta è stata triste. Nel senso che lui – il quale ai tempi fu anche pastore anglicano – concorda con me: "I understand and sympathise with all you say about conventional religion and belief". E, concordando, ne ha tratto le logiche conseguenze.
"I no longer have any faith in institutional forms of religion of any kind. All institutions inevitably become corrupt and authoritarian, and develop elaborate dogmas and rules, most of which have nothing to do with the original source of the religion. (This is also true of politics.)".
Tutto ciò non ha niente di speciale. La metà dei credenti finisce a pensarla così, presto o tardi, e se ne va.
Bisognerà che io scelga la metà giusta. 

[Gli avevo scritto: I’m a 19-year-old girl who studies Italian literature at university and.. doubts a lot. I think the definitions of "good atheist" and "good believer" you gave in "Now I know" fit me perfectly: I’m someone who doubts. I only have to choose which kind of doubts I prefer.]