Vita universitaria – 1

Sento il dovere moralblogghico di occupare queste giornate di discreto cazzeggio ragguagliando i miei lettori sulla mia carriera universitaria. In realtà so bene che ai lettori non frega una cippa, ma sapete, c’è sempre la forbice e la memoria che si sfolla, i ricordi nei ricolmi secchi, eccetera. La mia lettrice più assidua sono sempre io.
Vi sorbirete quindi qualche puntata sull’argomento.

Esami 

Dunque.
Ho dato il mio primo esame in un’auletta piccola e affollata, dove "affollata" sta per tuttiaccalcatigomitoagomito. 
Scoperta Banale Numero Uno: si copia di brutto anche all’università.

Ricevuto il foglio, ho capito che "due domande aperte" significava "otto domande tra cui sceglierne due". Sarebbe stata una notizia bellissima, se non avessi perso i miei primi due mesi di università a deprimermi su manuali di geografia economica dei quali, scoprivo allora, potevo saltare almeno la metà.
Scoperta Banale Numero Due: studierai un mucchio di roba inutile prima di capire qual è quella importante.

Notando che il mio vicino-di-gomito aveva scelto la mia stessa domanda, gli ho bisbigliato speranzosa di scriver grande e tenere il foglio sulla destra. Ogni tanto lanciavo un’occhiata al suo compito traendone qualche frase; quello gentilmente evitava di voltar pagina finché non finivo di leggere. In più, sotto al banco tenevo un fido quaderno di appunti, pronto per essere aperto in caso di necessità – come avrebbe potuto vedermi la prof tra tutta quella folla pigiata?
Scoperta Banale Numero Tre: si copia di brutto anche all’università, ma a copiare riescono sempre e solo gli altri. Tutto quel che ho letto dal mio collega più o meno lo sapevo già, e il quaderno alla fine non l’ho tirato fuori.
Scoperta Banale Numero Tre Bis: i secchioni come me sono sempre i più idioti in questo genere di cose.