I pro e i contro del futuro

Dovrei immatricolarmi.
Aprire quel sito grondante spiegazioni per neodiplomati rincoglioniti, inserire i dati nel modulo, inviarlo, e fatto.
Invece sto qui a girarci attorno, rileggermi i curricula e gli esami, compilare orari fittizi con Excel per incastrare in tabelle il mio tempo futuro.
"E’ bello poter scegliere finalmente cosa studiare", dicono i liceali, "così fai quello che ti piace". Lo dicevo anch’io, finché la libertà era solo una speranza. Poi, quando me la son trovata in mano, lì tutta obbediente ed efficiente a reclamare una risposta, un’indicazione, un ordine, mi son chiesta: e adesso? 

La scelta che fate adesso vi segnerà per tutta la vita, ha detto, più o meno, la mia ex prof in fase paglia-sulla-porta.
E io pensavo: eppure, mi sembra di far scelte del genere quasi ogni momento. Magari stasera esco e incontro un tipo qualunque che diventerà l’uomo della mia vita, o mi viene un’intuizione speciale, o mi passano un volantino comunista grazie al quale tra vent’anni mi rivedrete in Parlamento, o mi piglia sotto un autobus, o becco una persona che cambierà il mio modo di vedere il mondo e quindi influirà sulle mie scelte future, o mi converte un testimone di Geova, cose del genere. Cose che ti segnano comunque. E allora, qual è la differenza? Perché mi scaldo tanto per prendere una decisione determinante, ok, ma non più di altre?

La differenza, credo, è che di questa scelta sono consapevole. Non so se scendendo di casa mi capiterà qualcosa di significativo; e se mi capitasse, me ne renderei conto tra qualche decennio. Una facoltà, invece, si sceglie passando il tempo a costruirsi castelli in aria sul proprio destino, si comincia a osservare, soppesare, prevedere, immaginare. Tutte cose fondamentalmente inutili, perché alla fine la vita procede a sbalzi, scivolate impreviste, incontri casuali, porte sbattute e cancelli aperti; accidenti vari che non vedi finché non ti capitano in testa, e a volte neanche allora; magari soltanto dopo anni guardi indietro e pensi toh, se quel giorno non svoltavo per di là, chissà dov’ero oggi. 

[Insomma, sempre la storia di quella farfalla che sbatte le ali in Giappone e provoca un uragano in Brasile. Stragi per un battito d’ali. Creperà prima o poi ‘sta cazzo di farfalla?]

Comunque, il problema non è solo l’imprevedibilità degli eventi. C’è anche la prevedibilità mia.
Io so cosa sceglierò. In realtà, so anche cosa mi piacerebbe fare da grande. E’ tutta la vita che lo so – ho cominciato a saperlo litigando con le maestre alle elementari. Mi scrivevano già sul diario che non sapevo rispettare le regole e menate del genere; finii pure fuori dalla porta per aver risposto male.
Così, da insofferente all’autorità quale sono, non posso che desiderare di diventare anch’io, a qualche livello, una sottospecie di autorità. Poter dire guardate, bastardi, sono diventata migliore di voi. Presuntuoso, eh.
A questo punto si tratta solo di scegliere il ring su cui lottare – ma anche quello, in fondo, l’ho già deciso. E’ scritto nelle mie battaglie contro i mulini a vento, nell’affezionarmi ai luoghi e alla gente, nell’ostinato ritornare, nella voglia di discutere e interrogarmi, nella curiosità per le persone e i caratteri con cui mi piace mescolarmi, scontrarmi, mettermi in gioco nel bene e nel male.

Forse, però, non saprò leggere davvero quel ch’è scritto in queste cose. Dovrei scrutare il marmo grezzo e immaginarci la scultura, dovrei sognarmi in qualche modo. Ma se fossi incastrata in un’interpretazione classica, scontata e prevedibile, che m’impedisce d’immaginare altro e liberarmi in strade nuove? 
Qualcuno di noi s’è visto chiudere in faccia una porta che aveva fissato per anni; eppure, invece di disperarsi, si è trovato addosso una inaspettata libertà: mille strade improvvisamente aperte, pronte per essere scelte.
E la mia libertà? E’ reale? Non mi sentirei più libera se mi dicessero: quella strada non la prenderai mai? Voglio davvero quello che voglio, o non faccio altro che seguire un’abitudine, una previsione calata dall’alto, magari qualche comando interiore più o meno inconscio, da cui non posso sfuggire? (Si potrebbe continuare: e se la mia tanto sbandierata volontà fosse solo un’illusione, creata da qualche sostanza chimica che mi naviga fra i neuroni e decide per me?)

Dovrei immatricolarmi.
Ho già deciso, ma continuo a rimandare, per illudermi di allungare ancora un po’ la mia finta libertà – potrebbe sempre succedere qualcosa, in questi giorni; chissà, un colpo di vento che mi sposti altrove. E poi devo ancora osservare, soppesare, prevedere, immaginare; tutte cose fondamentalmente inutili, perché alla fine la vita procede a sbalzi… e non serve granché sedersi a tavolino, per scrivere in colonne i pro e i contro del futuro.