Campo vocazionale

No, non ho intenzione di farmi suora. L’han chiamato “campo vocazionale” solo per spaventare i novellini e dar modo ai pagani di prenderci per il culo. In realtà, sarà…
non lo so. Ecco, in effetti non lo so. E’ il mio primo campo di AC. Otto giorni.
Ci sarà un buon prete, e un gruppo di buone persone che conosco un po’, ma vorrei conoscer meglio.
Il resto chissà, vedremo.

Ho voglia di vedere come va a finire, ultimamente. Ieri notte stavo lì alla finestra, ché faceva troppo caldo, e pensavo toh, chissà come va a finire questa storia assurda.
Sì, dai, ch’è assurdo esistere lì su un balcone, parlandosi nella testa e immaginando le risposte possibili. E’ pesissimo accorgersi di esistere, roba che davvero ti volti e s’infrange l’aria di vetro – il fatto è che poi torni tra gli uomini che non si voltano tutto convinto d’aver visto chissà che, e invece quel segreto ti s’è ormai sciolto fra le mani. Forse non esisteva nemmeno, l’hai immaginato. E allora c’è solo da restar lì, su un balcone assurdo, a far le creature atterrite e ubriache d’universo.

Comunque, dicevo, questa assurdità è a suo modo appassionante, e son curiosa di veder come procede, cos’ha da raccontarmi il giorno che arriva, come posso respirare quello che sta passando. Si respira bene, di questi tempi.
Un po’ mi sto abituando. Non m’importa granché di partire, così come non m’importerebbe di restare. Starei ugualmente bene.
[Dipende sempre meno da quel che accade fuori. C’è come una sicurezza passeggera. Ossimoro?]

A presto