Fermo nel traffico

M’ha detto che sta lì da giorni, porca miseria. Ci dev’esser stato un incidente, dei lavori, o che so io. Forse un esame. Ma può darsi che non me la racconti giusta, ogni tanto s’inventa un alibi per arrivar tardi; tzè, lo conosco io. Se gli piglia il periodo storto s’incanta a fissare un palo della luce, un gatto per strada, una cartaccia in terra, o la traccia di un’aereo disegnata in cielo – quelle sono le peggiori, lui resta lì, cretino, finché non passa una nuvola più grossa a cancellarle – s’incanta, dicevo, e non torna. Telefona dopo un’ora scusa eh, arrivo subito. E’ il subito che non arriva mai; tocca aspettare i suoi porci comodi, tocca.

E intanto, io che faccio? Vuoto. Aspetto in questo vuoto che non dice nulla, che non significa nulla. Mi perdo anche delle cose, vè, ché senza di lui sto un po’ rincoglionita, mi s’annebbia la vista, s’ingrigisce il colore. Non c’è niente da fare.
Cioè, c’è un sacco di roba da fare, ma quella non conta. Le coincidenze e le prenotazioni, dico: non contano, più ti occupano il tempo più quello resta vuoto. D’altra parte il fannullone sembra nasarle in anticipo, queste cose. C’è da fare? Tocca studiare, sistemare, chiamare, correre? Bene, quello piglia e scompare. E io con chi lo scendo il milione di scale?

Oh, m’assicura che tra un paio di giorni torna; certo che su quell’autostrada dev’essersi rovesciato un autocarro, per far tutta ’sta coda, eccheccavolo. Sempre che non sia una scusa. Bah. Però me l’ha promesso: dopo il 4 sarà tutto per me. Dice che ci leggeremo qualcosa insieme, che andremo a perdere bellissime giornate al parco di sera. Ci metteremo a scrivere tutto quel ch’è rimasto in lista d’attesa finora, riprenderemo un po’ le fila di un tempo che sta andando via senza esser raccontato. Ma sì, mi rimetterò in pari, appena ritorna il mio sfaticato Pensiero, fermo nel traffico.