Monthly Archives: Dicembre 2007

Pensavo a

Quello che a trent’anni, camicia nera a fiori, passa ogni serata in un pub per uomini di mezz’età; resta vicino alla consolle del dj, dondolando a volte un ritmo solitario – fa paura quell’anonimo muoversi del corpo, svincolato dallo sguardo, gli occhi dipinti in una sola non-espressione, vuota e congelante. Non parla con nessuno, poi ordina al karaoke una canzone, e cerca di convincersi che senza una donna, sto bene anche domani.

Quello – anzi quelli, ché in questi giorni ne ho letti molti – che raccontano sui blog di eterne prigionie subite senza colpa, di madri che gli dormono nel letto fino a quarant’anni e li inchiodano alla gratitudine ("io ti curo, come puoi andartene?").

Quelli che saranno per sempre bambini – in senso per nulla poetico – perché nessuno ha creduto che potessero crescere; quelli che scrivono nel modo semplice e sgangherato di chi non è rimasto solo fuori dalla scuola, ma proprio dalla vita.

Quelli che si presentano con mi chiamo Tizio e sono ammalato, poi lamentano una solitudine inguaribile, spiegandola con un noi in carrozzina abbiamo poco da offrire – e verrebbe voglia di mandarli con affetto a quel paese, svegliarli con una secchiata d’acqua in testa, poi scaraventarli fuori dal portone in cui si sono rinchiusi e fargli sapere che il problema non è loro, ma di chi perde così tanto tempo a guardare che alla fine non riesce più a vedere.
[Ciò dopo aver trucidato tra atroci sofferenze quelli che, con parole, opere e omissioni, gli hanno instillato certe idee]

Niente, pensavo a queste cose, e mi dicevo che m’è andata proprio bene.

Gratitudine

senza destinatario (né destino, ma curiosa
meraviglia del succedersi d’innesti

[(agr.): inserto su una pianta d’una gemma
d’altri, per migliorare il frutto;
(mecc.): dispositivi in collegamento; (fig.):
congiunzione
]

automatici nel mondo posto a caso)

svegliata in soprassalto dopo il sogno
di birilli sbaragliati da uno strike
per un cricco del clinamen sulla pista.

 

(Parafrasi: arrivato per coincidenze, sognando di perderlo ho ricordato di averlo)

Perché su Skype c’è gente seria

Allora, io non sono solita raccontare balle in chat, né sputtanare pubblicamente gli interlocutori.
Però, quando uno se le cerca, se le cerca.

Quella qui sotto è la conversazione più divertente degli ultimi decenni.

[Nei rettangoli rossi, la conversazione che tenevo parallelamente con la Vale]

I: (perchè un operaio di 33 anni mi ha contattato su skype?)
V: AHAH! Oddio che vuole!
I : Guarda ho già litigato con un altro che mi chiedeva sempre la foto (e io gliela negavo)
I : e lui sosteneva che non era un pervertito ma voleva solo vedere in faccia chi parlava. allora, dico, stavolta nn voglio partir prevenuta. FACCIAMO che l’operaio non è un pervertito, dai.
G : hai la webcam ?
I : nu
G : hai una foto?
I : nu sorry
G : come sei fatta?
I: ……….
I: io la buona volontà ce l’avevo messa, via.
V : beh almeno è più tecnologico dell’altro :D
I : consigliami un modo divertente per fanculizzarlo
V : uhm… digli che la tua gatta sta partorendo
V : e devi portarle un asciugamano pulito :D
I : MWUAHUAHAUH…. guarda che potrei farlo veramente
I : cacchio gil.. ‘spetta! la mia gatta sta partorendo!!
I : devo portarle l’asciugamano nuovo
G : ok
G : ci sei
I: …..sto piangendo dal ridere…
V : anche io a pensare la faccia di questo :D
V : poveraccio sarà un uomo solo e complessato che si sta deprimendo sulla sua solitudine natalizia, un po’ come noi
I : ahahah… ma noi la mettiam sul filosofico, nn sull’ormonale U.U
I : ha detto "ok"… cosa gli dico?
V : digli che è nato un mostro
V : un’incrocio tra un gatto e un’iguana
I : :D così mi sgama subito però, se non è deficiente del tutto
V : beh non è che finora abbia dato segni d’intelligenza sopraffina…
I : mwuhauhauah…
V : uhm digli che la gatta s’è mangiata i gattini!
I : arrivo eh…
I : oddio che assurdi…
I : ok ci sono
G : tutto ok
I : beh è una situaz un po’ incasinata.. ora è venuta su mia madre ad occuparsene..
G : devi andare anche tu ?
I : no beh se non mi chiama resto
I :non sono particolarmente avvezza a queste cose
G : ok
G : sei fidanzata?
I: cosa rispondiamo?
V : digli che sei lesbica… ma questa scusa è classica
V : potresti dire che anche questa situazione è complessa nel senso che sei fidanzata con una donna, che però sta cambiando sesso, quindi sei alquanto confusa
V : se la sua risposta è "allora ti aiuto io", diventa il mio mito
I : ehm.. beh è una situazione complessa, diciamo di sì
G : perche complessa?
G : non è una cosa seria!
I : mah forse meno di quanto credessi
V : sì sì.. crea suspense!
I : minchia quante stronzate… :D
G : da parte sua?
I : già
G : ti piace?
I : beh fisicamente è molto attraente
G : e palestrato?
V : …………………………….
V : dimmi che non l’ha scritto davvero…
I : …gli dico di sì per farlo sentire una merda?
I : minchia se lo è..
I : ma non sproporzionato come i palestrati, proprio di quelli che ci nascono così e sono .. armonici
G : fa gare?
I : gioca a rugby
G : capisco
I : ma così, non regolarmente
G : tu come sei fatta?

[lunga pausa]

G : …sei timida!
I : scusa un attimo
I : eccomi scusa… oddio… mi aveva chiamato mia madre perché la gatta si stava mangiando i gattini…
I : sai che a volte lo fanno..
G : si
G : tutto ok
I : mah sì.. per un pelo…
I : scusa eh è una serata un po’ complessa!
G : tranquilla
V : …..
V : ripeto: non ce la fa
V : spera solo che finalmente gli descrivi te stessa, e che tu includa dettagli come tette grosse e bel culo.
I : ci sono
G : ti chiedevo
I : zì
G : come sei tu ?
I : sono 1.75
I : mora
I : e in questo momento ho ancora un po’ di barba ma è che ho fatto l’intervento da poco e sai.. devo ancora tagliarla tutti i giorni
G : capisco
G : peso
V : …..
V : ………….
V : BWUHAUHAUHAUAHUAHUAHAUHUAHUAHUAHUAHAU…. è impassibile… no ma secondo me non ci arriva… se no risponderebbe qualcosa di ironico e intelligente…
I : no dai non può crederci…
I : ….oddio sto ridendo tantissimo
I : grazie gil mi hai rallegrato la serata
I : :D
G : vai via?
I : no no resto
I : tu?
G : ti posso fare domande piccanti ?
I : no aspetta prima te ne faccio una io se non ti scoccia
I : ci sei
I : o ci fai?
G : dimmi
I : dimmi te.
G : sei maschio lo so !
I : no
I : ma non sono una troia
I : quindi forse è un genere a parte :D
G : lesbica?
I : no, l’altro genere a parte, nn so se le hai mai conosciute
I : tipo.. non so… "donne che non la danno in cam"?
G : la dai dal vero ?
I : quando è il caso
G : quando è il caso ?
I : aaah ci sono una lunga serie di fattori in gioco.
I : troppo complicato da definire.
G : devo invitarti fuori a bere qualcosa ?
I : guarda, non so se funziona così anche da voi
I : ma qui si possono evitare questo genere di fastidi
I : certo, può essere costoso,
I : però se vai tipo sui viali, di notte…
I : è molto più rapido, vedi.
G : ti fai pagare quindi !
I : :D ok un punto per te, questa era carina
G : lo so
G : :D
G : sei simpatica
I : grazie^^
G : bando agli scherzi
G : ti va di fare solo sesso?
I : no :D
I : ma ammiro la schiettezza ^^
G : :(
G : vado subito al sodo
I : comunque qui è triste, via. trovati una ragazza gil.
G : ci sto provando con te
I : aspetta… ho detto trovati una "ragazza", non "un buco che mi serva per i miei scopi" :D
I : via, c’hai 33 anni. non dirmi che nn ne hai mai trovata una sul serio.
G : si
G : troppe
I : e adesso?
G : mi piace cambiare
I : in genere si dice per le paia di scarpe o i luoghi di vacanza :D
G : lo so
G : ma e piu forte di me
I : ti sei auto-dato della bestia, lo sai sì ;)
G : si
G : è vero
I : scarsa autostima?
G : no per niente
G : provo tutto
I : ah ok ora stai provando lo stile di vita – bestia
I : ok ci sta
I : finché non sbrani qualcuno almeno^^
G : mi sono spiegato male forse
G : non sbrano nessuno
G : se va bene
I : se va bene cosa?
G : se non va non insisto
I : aah
I : ok
I : beh sarà meglio ;)
G : sono buono come il pane
G : (angel)
I : ahahah
G : non ci credi?
I : se la prossima battuta è "assaggiami" non attacca :P
G : bella questa
I : :D
G : non ci pensavo
G : ok
G : ti lascio vado a nanna
I : anch’io
I : toglimi una curiosità
G : dimmi
I : ….secondo te quanti gattini sono nati?
I : sinceramente.
G : so che ne nascono tanti … 7 o 8
I : MWUHAUHAUAH
I : niente, volevo dirti che non ho gatti né fidanzati rugbysti.
I : buonanotte ^^
G : racconta balle
I : (perché, secondo te avevo la barba?)
I : :D
G : da qualche parte i peli li dovresti avere!
I : qui siamo sul trash… vai a nanna ch’è meglio
G : mi istighi
I : ‘notte
G : note

Natale drogato

[Pantomime]

La tovaglia bella, i calici, troppe posate per il poco che mangeremo. Quattro sconosciuti al tavolo tondo.
Mamma ha il raffreddore ma sorride e ostenta efficienza; si segna, improvvisa una preghiera banale – non guardo negli occhi nessuno; avranno notato che quest’anno una figlia in più evita il segno della croce?
Papà si adegua alla finzione, ma senza iniziativa, con una specie di ironica stanchezza.
Mamma è garante dei riti, zelante addetta al perpetuarsi dell’infanzia, perché da vecchi finalmente si può non vergognarsi – bisogna mettere il bambinello nel presepe, bisogna metterlo, e i re Magi sul cammello, da dove li facciamo partire?
Si mangia in fretta, quasi in silenzio; mia sorella finisce prima e si getta sotto l’albero senza aspettarci, mimando gridolini di giubilo da preadolescente. Mia sorella ha 28 anni. E sono sicura che, fuori di qui, li dimostra.
Papà sta al gioco, ironizza scartando l’ennesimo pigiama, s’adatta al buffo ruolo di cane bastonato.

[Incoscienza]

Coi regali arriva l’inadeguatezza – proprio quei maglioni, mamma, perché? – e con i siparietti squallidi la solitudine natalizia - ci sarà qualcuno su msn almeno, un qualche abbraccio non scritto nei ruoli? – Ma pare sia così difficile… (poi qualcuno arriva, e lo ringrazio).
Rispondo agli sms d’auguri – a quelli pensati, ché a quelli standard basterà uno squillo standard – e m’arriva un sorriso nel letto.
Perdo tempo e mi lascio perdere dal tempo, mi alzo a mezzogiorno, galleggio su internet – può andare come droga, tra i modi per stordirsi è il più sano – naufragando a caso in cerca di qualcuno che non so – si sa mai, chi ci trovi dietro un clic.
Lo studio lo rimando, e non ho più messe a cui andare. Quella di don M. in ospedale era l’unica che valeva, forse, e forse per te ci sarei andata, lì tra i semimorti, dove si zittisce ogni orgoglio, quello cristiano e quello ateo, per non interrompere nemmeno coi pensieri il singhiozzare dei commossi – ma non mi hai più chiamato, e io nemmeno.

Quello era un buon vaccino al mio pigro egocentrismo, al vittimismo della noia che ora mi schifa – via, me lo son concesso ‘sto Natale per aver conferme e un po’ d’attenzione - ogni tanto bisogna regalarsele – e per scaldare in una volta tutto il freddo accumulato.

Domani però metto la sveglia e mi obbligo a uscire di casa, o a gennaio mi troverete suicidata per un’unghia rotta.

(Comunque, buon Natale)

Tetro e ogivale è l’antico palazzo dei vescovi, stillante salnitro dai muri, rimanerci è un supplizio nelle notti d’inverno. E l’adiacente cattedrale è immensa, a girarla tutta non basta una vita, e c’è un tale intrico di cappelle e sacrestie che, dopo secoli di abbandono, ne sono rimaste alcune pressoché inesplorate. Che farà la sera di Natale – ci si domanda – lo scarno arcivescovo tutto solo, mentre la città è in festa? Come potrà vincere la malinconia? Tutti hanno una consolazione: il bimbo ha il treno e pinocchio, la sorellina ha la bambola, la mamma ha i figli intorno a sé, il malato una nuova speranza, il vecchio scapolo il compagno di dissipazioni, i1 carcerato la voce di un altro dalla cella vicina. Come farà l’arcivescovo? Sorrideva lo zelante don Valentino, segretario di sua eccellenza, udendo la gente parlare così. L’arcivescovo ha Dio, la sera di Natale. Inginocchiato solo soletto nel mezzo della cattedrale gelida e deserta a prima vista potrebbe quasi far pena, e invece se si sapesse! Solo soletto non è, non ha neanche freddo, né si sente abbandonato. Nella sera di Natale Dio dilaga nel tempio, per l’arcivescovo, le navate ne rigurgitano letteralmente, al punto che le porte stentano a chiudersi; e, pur mancando le stufe, fa così caldo che le vecchie bisce bianche si risvegliano nei sepolcri degli storici abati e salgono dagli sfiatatoi dei sotterranei sporgendo gentilmente la testa dalle balaustre dei confessionali.Così, quella sera il Duomo; traboccante di Dio. E benché sapesse che non gli competeva, don Valentino si tratteneva perfino troppo volentieri a disporre l’inginocchiatoio del presule. Altro che alberi, tacchini e vino spumante. Questa, una serata di Natale. Senonché in mezzo a questi pensieri, udì battere a una porta. “Chi bussa alle porte del Duomo” si chiese don Valentino “la sera di Natale? Non hanno ancora pregato abbastanza? Che smania li ha presi?” Pur dicendosi così andò ad aprire e con una folata divento entrò un poverello in cenci.“Che quantità di Dio! ” esclamò sorridendo costui guardandosi intorno- “Che bellezza! Lo si sente perfino di fuori.Monsignore, non me ne potrebbe lasciare un pochino? Pensi, è la sera di Natale. ““E’ di sua eccellenza l’arcivescovo” rispose il prete. “Serve a lui, fra un paio d’ore. Sua eccellenza fa già la vita di un santo, non pretenderai mica che adesso rinunci anche a Dio! E poi io non sono mai stato monsignore.”“Neanche un pochino, reverendo? Ce n’è tanto! Sua eccellenza non se ne accorgerebbe nemmeno!”
“Ti ho detto di no… Puoi andare… Il Duomo è chiuso al pubblico” e congedò il poverello con un biglietto da cinque lire.
Ma come il disgraziato uscì dalla chiesa, nello stesso istante Dio disparve. Sgomento, don Valentino si guardava intorno, scrutando le volte tenebrose: Dio non c’era neppure lassù. Lo spettacoloso apparato di colonne, statue, baldacchini, altari, catafalchi, candelabri, panneggi, di solito così misterioso e potente, era diventato all’improvviso inospitale e sinistro. E tra un paio d’ore l’arcivescovo sarebbe disceso.
Con orgasmo don Valentino socchiuse una delle porte esterne, guardò nella piazza. Niente. Anche fuori, benché fosse Natale, non c’era traccia di Dio. Dalle mille finestre accese giungevano echi di risate, bicchieri infranti, musiche e perfino bestemmie. Non campane, non canti.
Don Valentino uscì nella notte, se n’andò per le strade profane, tra fragore di scatenati banchetti. Lui però sapeva l’indirizzo giusto. Quando entrò nella casa, la famiglia amica stava sedendosi a tavola. Tutti si guardavano benevolmente l’un l’altro e intorno ad essi c’era un poco di Dio.
“Buon Natale, reverendo” disse il capofamiglia. “Vuol favorire?”
“Ho fretta, amici” rispose lui. “Per una mia sbadataggine Iddio ha abbandonato il Duomo e sua eccellenza tra poco va a pregare. Non mi potete dare il vostro? Tanto, voi siete in compagnia, non ne avete un assoluto bisogno.”
“Caro il mio don Valentino” fece il capofamiglia. “Lei dimentica, direi, che oggi è Natale. Proprio oggi i miei figli dovrebbero far a meno di Dio? Mi meraviglio, don Valentino.”
E nell’attimo stesso che l’uomo diceva così Iddio sgusciò fuori dalla stanza, i sorrisi giocondi si spensero e il cappone arrosto sembrò sabbia tra i denti.
Via di nuovo allora, nella notte, lungo le strade deserte. Cammina cammina, don Valentino infine lo rivide. Era giunto alle porte della città e dinanzi a lui si stendeva nel buio, biancheggiando un poco per la neve, la grande campagna. Sopra i prati e i filari di gelsi, ondeggiava Dio, come aspettando. Don Valentino cadde in ginocchio.
“Ma che cosa fa, reverendo?” gli domandò un contadino. “Vuoi prendersi un malanno con questo freddo?”
“Guarda laggiù figliolo. Non vedi?”
Il contadino guardò senza stupore. “È nostro” disse. “Ogni Natale viene a benedire i nostri campi.”
” Senti ” disse il prete. “Non me ne potresti dare un poco? In città siamo rimasti senza, perfino le chiese sono vuote. Lasciamene un pochino che l’arcivescovo possa almeno fare un Natale decente.”
“Ma neanche per idea, caro il mio reverendo! Chi sa che schifosi peccati avete fatto nella vostra città. Colpa vostra. Arrangiatevi.”
“Si è peccato, sicuro. E chi non pecca? Ma puoi salvare molte anime figliolo, solo che tu mi dica di sì.”
“Ne ho abbastanza di salvare la mia!” ridacchiò il contadino, e nell’attimo stesso che lo diceva, Iddio si sollevò dai suoi campi e scomparve nel buio.
Andò ancora più lontano, cercando. Dio pareva farsi sempre più raro e chi ne possedeva un poco non voleva cederlo (ma nell’atto stesso che lui rispondeva di no, Dio scompariva, allontanandosi progressivamente).

Ecco quindi don Valentino ai limiti di una vastissima landa, e in fondo, proprio all’orizzonte, risplendeva dolcemente Dio come una nube oblunga. Il pretino si gettò in ginocchio nella neve. “Aspettami, o Signore ” supplicava “per colpa mia l’arcivescovo è rimasto solo, e stasera è Natale!”
Aveva i piedi gelati, si incamminò nella nebbia, affondava fino al ginocchio, ogni tanto stramazzava lungo disteso. Quanto avrebbe resistito?
Finché udì un coro disteso e patetico, voci d’angelo, un raggio di luce filtrava nella nebbia. Aprì una porticina di legno: era una grandissima chiesa e nel mezzo, tra pochi lumini, un prete stava pregando. E la chiesa era piena di paradiso.
“Fratello” gemette don Valentino, al limite delle forze, irto di ghiaccioli “abbi pietà di me. Il mio arcivescovo per colpa mia è rimasto solo e ha bisogno di Dio. Dammene un poco, ti prego.”
Lentamente si voltò colui che stava pregando. E don Valentino, riconoscendolo, si fece, se era possibile, ancora più pallido.

“Buon Natale a te, don Valentino” esclamò l’arcivescovo facendosi incontro, tutto recinto di Dio. “Benedetto ragazzo, ma dove ti eri cacciato? Si può sapere che cosa sei andato a cercar fuori in questa notte da lupi?”

(Dino Buzzati, Natale)

Fallocrazia

P: .. lunedi che ci mettiamo daccordo, vabbene. Senti, tu mi puoi fare ricevere due persone …
S: assolutamente…
P: .. perchè io sono veramente dilaniato dalle richieste di coso ….
S: assolutamente ..
P: con la Elena Russo non c’era più niente da fare? Non c’è modo…?
S: no .. c’è un progetto interessante .. adesso io la chiamo ..
P: gli puoi fare una chiamata? La Elena Russo; e poi la Evelina Manna. Non centro niente io, è una cosa … diciamo … di…
S: chi mi dà il numero?
P: Evelina Manna … io non c’è l’ho …
S: chiamo ..
P: no, guarda su Internet ..
S: vabbè, la trovo, non è un problema … me la trovo io ..
P: ti spiego che cos’è questa qui ..
S: ma no, Presidente non mi deve spiegare niente ..
P: no, te lo spiego: io sto cercando di avere …
S: Presedente, lei è la persona più civile, più corretta..
P: allora … è questione di .. (parola incomprensibile, le voci si accavallano) ….
S: ma questo nome è un problema mio …
P: io sto cercando … di aver la maggioranza in Senato …
S: capito tutto …
P: eh .. questa Evelina Manna può essere .. perchè mi è stata richiesta da qualcuno … con cui sto trattando …

(leggi tutto)

[…L’unica cosa che mi consola è che i senatori a vita, almeno, dovrebbero aver raggiunto la pace dei sensi.]

Bella serata

Per il caminetto caldo e la legna verde che non brucia, il biondo ansiogeno, le barzellette collettive interrotte dalla variante di ciascuno, il grasso viscido di porchetta, quelli che non ascoltano e quelli che ormai ne ridono, l’eterno salutarsi al freddo, e quell’impercettibile rimpianto di non conoscersi.

Giuseppe Ungaretti, Natale

Natale 

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare

Niente di che

[Per i nuovi arrivati: vedere 1° e 2° parte] 

– Sa che credo di aver dimenticato un aggettivo
– Ancora? No, basta, ho chiuso lo sportello, stavamo andando a berci qualcosa, no?
– …Sì… beh, era per fare conversazione.
– Altri argomenti?
– Uhm, vede, qui una volta era tutta campagna…
– Scema
– Grazie
– Vabbè, mi dica l’aggettivo
– No se non le interes
– Avanti
– Ecco, non saprei come definirlo. Capace di affetto giusto.
– Giusto?
РCio̬, giusto per me. Adeguato. Lei non ha mai freddo?
– Sì considerando che le mezze stagioni ormai
– …dentro. Freddo dentro.
– Sì.
– Ecco, succede quando non c’è affetto giusto.
– Succede quando non c’è proprio affetto, mi pare.
– Ma a volte c’è, eppure non tocca, non commuove.
РPerch̩ lei ̬ indifferente
– Cosa?
– Amor c’ha nullo amato amar perdona. Non può non commuoversi.
– Lo sa, vero, ch’è il verso più famoso e più falso della letteratura
РQuindi ̬ anche cinica
– Senta, vada a raccontar l’amore stilnovista a Quasimodo. Poi vediamo se non la scaraventa giù da Notre Dame.
– Però con lei funziona.
– …
– Io l’ho assillata e lei è uscita con me.
– Sarà carenza d’affetto.
– Ah grazie. Basta che respiri, via.
– Ma no, nel senso che magari il suo affetto è quello giusto.
– E com’è quello giusto?
– Non lo so. Ne ho visti solo di sbagliati
– Poi ero io quello vittimista
– …
– Dai, scherzavo. Mi dica.
– …
– Ehi, che s’è offesa?
– …
– Dai, veramente, scherzavo. Scusi, è che… l’imbarazzo s’affoga nell’ironia
– …
– …E poi la capisco. In realtà… anch’io, credo, ne ho visti solo di sbagliati.
– …
– Però mi dica qualcosa, dai, l’ascolto! Perché non parla?
– Per risponderle
– Cosa?
– Ora sa qual è l’affetto giusto
– …
– …
– Ho solo insistito un po’, via. Niente di che.
– Ma guardi che l’affetto è niente di che. Insistere un po’, e niente di che.
– Dev’essere un niente difficile, se non ci prende nessuno.
– Non ci prendono quelli che pensano sia difficile. S’immaginano l’affetto con qualche sembianza mitica, ci mettono la A maiuscola, e aspettano l’Eroe che piombi in camera sfondando il vetro della finestra.
– E chiaramente non arriva.
– Arriva, arriva. Ma in genere dalla porta, bussando piano.
– Oppure non bussa nemmeno, sta lì ad aspettare
– Che qualcuno apra, da dentro
– Ma come fa ad aprire, se non sa chi c’è fuori
– E come fa a sapere chi c’è fuori, se non apre?
– Potrebbe guardare dallo spioncino.
– Ma lei ha paura?
– Io? Di che?
– Di aprire. Gli spioncini li hanno inventati per chi ha paura.
– Sa che quest’allegoria mi sta confondendo?
– Ah, se la prenda con l’autrice, decide lei lo stile.
– Secondo me anche le allegorie le hanno inventate per chi ha paura.
– Già, l’autrice dev’esser piuttosto vigliacca.
– Per esempio, con questo escamotage ha evitato la discussione più difficile.
– E così l’ha evitata anche lei. Lei-tu.
– Già, forse dovremmo darci del tu.
– E arrivare a questo benedetto pub.
– Ma è più bello non arrivarci, no? E’ così buzzatiano.
– Ehi, questa è una frase da uno-che-aspetta-l’eroe-che-piomba-in-camera-ecc-ecc.
– O da uno che vuole prolungare il viaggio
- Non vale, questo è spalancare la porta
– Così la smette di dire che ho paura
РPerch̩, non ne ha?
– Un sacco
– Anch’io
– …
– …
– Ma non dovevamo darci del tu? 

In effetti

Graffito su muro con scritto: per sempre. Qualcun altro ha aggiunto sopra: cazzata