(I sorpassi si susseguono in questa stanza:
cimeli della comunione e della cresima
deragliano su mensole più in alto, in seconda fila,
mentre in basso succedono avvenimenti,
quelli più nefasti)
“Che roba xea co’ chea piva†fa mia madre
di fronte a un narghilé da Djerba nuovo:
“lascia stare -no- non puoi capire†e pure io
penso, dato che non c’ho mai pipato dentro
che non so come si faccia coi tocchi di carbone
e il tabacco al miele che non prende.
E un po’ sorrido quando fa “mòeghea
co’ chel tamburo che te sveji la nonaâ€
ed è un bongo senegalese firmato Niass.
Ogni tanto però lo sguardo di mio padre
se avesse studiato direbbe che
quest’ invasione di souvenir non fa
il nostro gioco.
Che di multiculturale c’è solo
lo sbraitare del mercante, come a Istanbul
così a Mestre,
che insomma tutti ci fanno il pane
con le cose che danno a intendere.
Ma tutto questo lo traduce in una smorfia
obliqua della bocca con un lento
dondolìo del capo;
e io lo capisco, e gli voglio bene
ma non darei due soldi alla mia versione.
Pure inutile sarebbe dire che si cresce
che c’è voglia di abbandonare la stalla
che nei ’70 è diventata un’impresa plastica
durata finché è durato questo distretto
marshalliano;
‘spiace dirlo ma i miracoli
non sono eterni e soprattutto
qui al nordest dove -insomma- si fa il pane
con le cose che si danno a intendere.
Perciò le mensole si vestono di feticci
di smanie etniche e culturali,
degli occhi svelati di una mediorientale
che prende il çay in una laterale di Haliç street.
E il sorpasso fosse allora un’inversione
di tendenza, il dire finalmente che ci siamo
rotti le palle di questi schei.
Che coi schei
abbiamo comprato le bomboniere, pagato
il vescovo e il prete quel giorno e dentro
non m’è rimasto niente, madre, che anni fa
come hai visto ti ho risposto male e maledetto,
e hai temuto facessi come Pietro Maso.
Non ci faremo il pane con la voglia d’evadere
né il montenegro in piazza Castelfranco;
probabile sì, finiremo a fare a botte in sagrato
cogli albanesi e i magrebini, a dividerci lo spazio
sopra gli eternit per guardare un po’ più lontano.
(Simone Lago ha anche un blog)Â