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Va bene, va bene

inizierò a scendere verso la realtà, forse ho già cominciato (ma sono solo picchi di consapevolezza).

Però, non è che qualcuno avrebbe voglia di portarmi in braccio?
O almeno, dai, facciamo la strada insieme.

[Sapete, quando staccano le speranze dalle pareti, è così vuoto qui]

Ho trovato l’utilità della letteratura

…ho vinto cinquecento euro arrivando prima a un concorso letterario.

Mesi fa trovai nel bagno (ebbeh, si sa che le letture migliori…) il fascicolo coi testi vincitori dell’edizione precedente. Lessi le modalità, lessi a chi era riservato il concorso, e pensai: che squallido. Io non parteciperei mai a una cosa del genere, no, davvero, è stupido e ghettizzante. Che bisogno c’è di riservarci un concorso letterario? Na na na. Va contro tutti i miei principi.

Senza contare che proprio i concorsi in sé, dai, sono violenti e spocchiosi: come si può avere la presunzione di giudicare una cosa così intima e personale come una poesia? In più c’era un tema da seguire… quindi bisognava scrivere una poesia apposta… Orrore! Nulla di più falso e forzato! Lungi da me!

….Poi ho letto che al vincitore andavano 500 euro, e ho deciso di iscrivermi.
Non ho più alcun principio morale.

Per rincarare la dose di cinismo di questo post, vi renderò noto che gli ultimi quattro versi sono abbastanza insinceri, tagliati per stare nel limite di lunghezza obbligatorio, calcolati per essere un buono slogan in relazione al tema del concorso e, di conseguenza, vincerlo.
Sono una merda, però ha funzionato.

[No, dai, solo la fine è parzialmente falsa, perché c’era quel dannato limite da rispettare. Tutto il resto è sincero, antimoralista e tagliente]

Come costruire una semplice buona giornata

in cinque rapide mosse.

– Dopo circa dieci anni che si possiede uno stereo accanto al letto, ricordarsi improvvisamente che potrebbe essere usato come sveglia. Dunque preparare il cd la sera prima, annullare la programmazione del bip-bip angosciante, dormire ed aprire gli occhi con un placido Le onde di Einaudi, nel chiarore verdino del display.

– Studiacchiare un po’, per poi decidere che quel che so lo so già, e quel che non so non lo imparerò adesso. Latino lo studio da Gennaio e più di così, per quest’anno, non si può fare. Quindi, un grande POLLEG, comunque vada il mio dovere l’ho fatto.

– Mandare le ultime email in inglese, pagare gli ultimi anticipi, e rendersi conto che questa vacanza,alla fine, ce la siamo costruita davvero. Per tempo, con efficienza, senza strippi organizzativi, con la collaborazione indispensabile di una grande grande figlia.
Alla faccia di chi non ci avrebbe creduto.

– Andare a guidare un po’ con papà, e capire che ok, devo riprenderci l’abitudine, ma proprio a zero non sono. E la mano è storta, però va.

– Accettare un invito per andare a non meglio precisate prove di canto in una parrocchia ignota, per poi scoprire che chi m’aveva invitato… non c’era. Né c’erano altri che conoscessi.
E allora abbandonarsi a sperimentare nuovi se stessi, quelli che vengono fuori soltanto di fronte a sconosciuti di cui importa poco. Ridere di noi contralti stonati, attaccare bottone su qualche spicciolo argomento comune, percepire un feeling imprecisato con una soprano ‘87 dall’aria accogliente. Magari li rivedrò lunedì prossimo, poi forse a una pizza, poi forse mai. O forse boh.
[E mi attira come sempre il fascino del forse, dei rapporti possibili e improbabili – ma un forse che muore sempre prima, che smetto di sperare già dalla seconda sera; non dura più tanto a lungo, la speranza di novità, come a sedici anni. Se non intravedo un futuro, se sembra inutile sforzarsi con qualcuno, ché tanto ci perderemo e saremo presto nomi senza volto nel cellulare, smetto in breve di tentare e mi richiudo – di conoscenti ne ho abbastanza.
Per questo spesso cerco 
forse nuovi, a risvegliarmi]

Lasciarsi raggiungere

Avevo scritto un messaggio, per ridere – tanto di lui ridono tutti. Ma poi l’ho cancellato tutto a ritroso, parola per parola.
Perché non avevo di fronte una macchietta, un buffo attore – devo essermene accorta in quel momento strano, quando mi sono imposta di guardarlo in faccia – ma forse una richiesta, o comunque una possibilità; e io sto tradendo ciò per cui ho lottato una vita.
Si può tradire una vecchia idea in cui non si crede più, anzi, si deve. Ma quella (quella che un incontro non si deride, si scopre, e non sai mai quel che ti porta) è una delle poche cose in cui credo ancora.

["Gareggiate nello stimarvi a vicenda" è l’ipocrisia più impossibile e affascinante che conosca]

Invece la dimentico, perché inseguire se stessi è più interessante che lasciarsi raggiungere dalla vita. Uno si fa il programmino in testa, prevede i rapporti, scommette su questa o quella persona – e se un’altra fa capolino e chiede permesso, giù a domandare: ma l’hai timbrato il biglietto alle mie aspettative? Nel mio archivio di utopie c’è scritto che potrai darmi qualcosa? No, dico, ché se non c’è scritto aria, qui abbiamo gente più importante da aspettare.

Adesso, stando china a contemplare i calcinacci di un fallimento – o forse ancora è la prima polvere che si sfarina minacciando dal soffitto, e avverte: esci! – mi chiedo quante cose potrebbero avermi raggiunto ed essere passate oltre, mentre non guardavo.

Non mi riguarda

Ho sentito litigare nel cucinotto parrocchiale per una questione di autorità, permessi e musical. Mi sono affacciata un po’, ho ascoltato, sono uscita.
Con la libertà di chi entra in galera, passeggia per i corridoi sorridendo alle sbarre, saluta e se ne va.

[Vi siete scelti le vostre catene]

Voce

Giravo nella luce irreale di un temporale sospeso
– silenzio e nessuno, qualche gazza a becchettare
e io cercando le parole, come fosse un hobby
scegliere una voce per la morte
e la vita gialle sul prato verdi scure contro
il cielo
ombre –

Chiamava una nonnina – non sarà
lei, vedrai che cerca un cane, non
è per me non chiama il mio nome non
lo sa infatti non gliel’ho mai detto –

Invece Salve! e d’accordo mi accompagni
giriamo insieme, posso rallentare…

Tanto vita e morte ridacchiavano di me
dicendo che cercavi, una voce
per chi parla accadendo?

Ma allora qualche prete lucido esiste

Da un’intervista al vescovo Bettazzi 

«Sì, la protesta [dei gay durante la processione della Madonna di San Luca] c´è stata e ci impone una riflessione. Questa "prima volta" dimostra che il momento è caldo e allora tutti dobbiamo cercare di ragionare. Io credo che, se non stiamo attenti con il clericalismo, noi stessi alimentiamo l´anticlericalismo. Vede, non è certo la prima volta che la Chiesa vive momenti di scontro. […]»

Nelle stesse ore della contestazione bolognese, a Roma c´era il Family day…
«Potrebbe essere utile, un´iniziativa come quella, se servisse davvero a pensare alla famiglia e al suo ruolo. Ma da piazza San Giovanni ho ricevuto anche un sorpresa: ho visto in tv che c´erano tanti politici che nulla hanno fatto per la famiglia e poi sono scesi in piazza per esaltarla. Sì, la loro presenza mi ha davvero stupito».

C’è stata anche una forte protesta contro i Dico.
«Come se questo fosse il problema… La legge dei Dico non obbliga nessuno, assicura solo garanzie legali che del resto i politici (quelli stessi che difendono la "famiglia cattolica") si sono già attribuiti. Quando penso alla crisi della famiglia, non vedo certo i Dico in prima fila. Ci sono i problemi della casa, del lavoro, e crescere figli diventa sempre più costoso. Queste sono le difficoltà da affrontare».

[Un alleluja allegro, schitarrante e azionecattolicoso per Bettazzi, prego. D’ora in poi guarderò con occhio diverso le sue prediche monotone del giorno di San Lazzaro]

Dovresti smetterla

di guardarmi negli occhi.

[Perché poi i miei restano lì e non tornano più indietro]

Trasgressione

suono la tastiera

 

Sì, lo so che avrei dovuto fare solo un’oretta di movimento al giorno in una bacinella d’acqua e sale.
Ma manca poco alla fine dei venti giorni. E poi tanto ho visto le lastre, e secondo me dovranno operarmi di nuovo, c’è un osso storto. Quindi, peggio di così.

Almeno, prima di farmi rinchiudere di nuovo tra ferri e ferretti, mi sono fatta una suonatina. Ché non lo facevo da tanto tempo.
E’ un po’ frustrante scoprire che adesso con la destra prendo faticosamente una settima, e il mignolo non risponde ai comandi (insomma, per Allevi c’è tempo), però dai, meglio di niente.
Poi chissà, magari fa bene. Forse Einaudi scrive pezzi lenti, ripetitivi e facilissimi apposta per riabilitare i fratturati.

Di quello che non siamo

Guardandoti saltellare cantando, abbracciato a una discepola – chissà se sai anche essere amico, o soltanto papà? – ho pensato che forse m’affeziono per nostalgia.
Di quello che non sono mai stata – mentre per te è così facile e leggero essere bambino
Di quello che non siamo mai stati – anche se qualche sera (troppo tempo fa) m’era sembrato di parlarti con sconosciuta sincerità, allora in uno scatto di coraggio idiota
ho venduto il mio rimpianto sterile
per un’ingenua nostalgia di futuro.